Cerca
logo_difesa
convenzionato
a SILDifesa

SFR 2022: PEOPLE, PROTECTION, PROFIT.

PRESENTATA LA NUOVA RICERCA EUROPEA COeSS SULLA CARENZA DI MANODOPERA NEI SERVIZI DI SICUREZZA

Intervista ad Alexander Frank, Head of EU Affairs presso la Confederation of European Security Services (COeSS)

Alexander Frank, Head of EU Affairs presso la Confederation of European Security Services (COeSS), è intervenuto a SFR 2022 – PEOPLE, PROTECTION, PROFIT presentando la ricerca “INTEL” che COeSS sta conducendo con il finanziamento della Commissione Europea sulla carenza di manodopera nei servizi di sicurezza a livello UE. Nell’intervista spiega i punti critici evidenziati dalla ricerca e possibili soluzioni.

Sulla base del progetto INTEL, quali sono le principali cause identificate per la carenza di manodopera nei servizi di sicurezza? Vediamo in tutta Europa che la carenza di manodopera è il risultato di un lungo processo determinato da una complessa interazione di molteplici fattori di cambiamento, sia dal lato della domanda che dell’offerta d lavoro. Innanzitutto, c’è una crescente domanda di servizi di sicurezza privata in tutta Europa. Tra il 2010 e il 2019 il settore è cresciuto in modo significativo in termini di numero di lavoratori, diversificazione dei servizi, incremento delle competenze tecniche e professionali richieste. E questo ci porta alla difficoltà sul fronte dell’offerta di lavoratori. Sappiamo che l’economia è soggetta a cambiamenti demografici, anche se in alcuni paesi più che in altro. Quando osserviamo i servizi di sicurezza privata, vediamo che in tutta Europa l’attuale forza lavoro presenta caratteristiche che pongono sfide specifiche. In particolare la maggior parte dei lavoratori è di ‘mezza età’, con una forza lavoro più anziana soprattutto nell’Europa orientale. Inoltre, la maggior parte dei lavoratori sono uomini. Lo sviluppo di questi fattori ha prodotto negli ultimi anni una carenza generalizzata di manodopera e possiamo aggiungere che la pandemia da COVID-19 ha accelerato questi sviluppi.

Dal suo punto di vista, quali potrebbero essere le misure più appropriate per migliorare questa situazione? In primo luogo, è importante trattenere i nostri lavoratori di fronti al cambiamento demografico. Considerando il cambiamento della domanda di servizi, è importante disporre di soluzioni adeguate per la sostituzione e la riqualificazione degli operatori. Dobbiamo pertanto attirare nuovi lavoratori attraverso condizioni di lavoro convincenti, percorsi di carriera interessanti e un cambiamento di percezione del nostro settore. In questo contesto, è importante sottolineare che il futuro è una forza lavoro diversificata e inclusiva. Dobbiamo chiederci come possiamo accogliere in questo settore una forza lavoro diversificata, intendendo con questo la diversità in ogni sua forma: donna, giovani, anziani, LGBTQIA+, immigrati, disabili, ecc… Tuttavia vediamo dalla nostra ricerca che in tutta Europa la mancanza di attrattiva è la sfida chiave per affrontare la carenza di manodopera. Ciò è dovuto da un lato alle caratteristiche del settore che non fornisce un servizio qualunque ma è soggetto a condizioni specifiche. I servizi di sicurezza sono forniti 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e comportano un’elevata responsabilità per la sicurezza dei servizi e delle proprietà affidata agli operatori. I lavoratori devono giustamente sottoporsi al controllo dei precedenti penali ed a procedure di autorizzazione prima di iniziare il lavoro, pratiche che in molti paesi richiedono ancora troppo tempo, durante il quale si perdono i candidati. Ma soprattutto, dobbiamo affrontare le sfide più strutturali del settore con la collaborazione delle autorità pubbliche. Le modalità di appalto che puntano solo al costo più basso portano a una spirale discendente che mette in discussione l’intera sostenibilità del settore, incentivando i fornitori di servizi che offrono condizioni di lavoro pessime (e quindi economiche) inclusa la concorrenza sleale e, in alcuni casi, illegale. Questo è molto negativo per le condizioni di lavoro e per la reputazione, e deve assolutamente cambiare. Come si vede, il problema è complesso. A livello europeo raccomandiamo quindi una soluzione olistica, basata su cinque azioni. In primo luogo, dobbiamo promuovere modalità di appalto base sul valore e una migliore regolamentazione che promuova la qualità e combatta la concorrenza sleale, in collaborazione con i clienti e le autorità pubbliche. In secondo luogo, dobbiamo sostenere l’attrattività e la specificità del settore anche con iniziative che promuovano l’inclusione e la promozione di gruppi di lavoratori ‘diversi’ come donne, LGBTQIA+, giovani e anziani svantaggiati, persone con disabilità, ecc. In terzo luogo, le associazioni di categoria dovrebbero impegnarsi con le autorità pubbliche dei rispettivi paesi per affrontare attivamente il problema della carenza di manodopera e delle competenze, ad esempio con i servizi pubblici per l’impiego e le parti interessate nel quadro nazionale di formazione. Quarto punto: dovremmo rafforzare i percorsi di istruzione e formazione professionale specifici, ad esempio attraverso le creazione di centri di formazione settoriale che offrano percorsi di riqualificazione e aggiornamento. Per ultimo ma non meno importante, per gestire il cambiamento occupazionale è necessario anticiparlo. Pertanto, si dovrebbero organizzare sistemi nazionali per la raccolta delle informazioni sulle competenze settoriali, sulla composizione della forza lavoro e sulle pratiche sul posto di lavoro. Per fare tutto questo è necessario sottolineare che esiste un solo strumento efficiente ed efficace: il Dialogo Sociale impostato sulla collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori.
Abbiamo visto dal nostro progetto “INTEL” finanziato dalla UE che esistono eccellenti pratiche di collaborazione tra le organizzazioni imprenditoriali e i sindacati per dare vita alle cinque raccomandazioni e sviluppare soluzioni diverse per la carenza di manodopera. Questo soluzioni saranno pubblicate nel nostro studio di progetto a febbraio 2023.

Cosa dovrebbero fare le aziende per soddisfare le esigenze dei giovani? In generale è un’autentica sfida attrarre i giovani in questo settore, che molti abbandonano già durante il periodo di prova. In alcuni paesi esistono iniziative mirate delle parti sociali per accompagnare i giovani lavoratori durante la formazione, ad es. attraverso il tutoraggio. E’ poi importante promuovere tra i giovani percorsi di carriera attraenti per il loro sviluppo professionale. Miglioramento delle competenze e profili professionali moderni sono le parole chiave. Sono fondamentali anche condizioni di lavoro che rispondano ai valori della ‘generazione Z’. Le parti sociali dovrebbero quindi valutare come conciliare le esigenze imprenditoriali alle aspettative delle giovani generazioni. Sottolineo qui ancora una volta i principi di diversità, equità e inclusione, che vanno di pari passo con la sostenibilità e la responsabilità d’impresa. Ma un punto molto importante è il cambio di percezione del settore. La digitalizzazione e la fornitura di nuovi servizi, ad esempio nella sicurezza informatica o nell’intelligenza artificiale, possono rappresentare un’eccellente opportunità per dimostrare le capacità di innovazione dei servizi di sicurezza. Questo riguarda anche la creazione di una maggiore comprensione del valore dei servizi di sicurezza per la società nel suo complesso. La sicurezza privata è un servizio essenziale per il funzionamento della nostra economia. Gli operatori hanno quindi una missione di grande valore, assimilabile a quella delle forze dell’ordine. Riportare questo messaggio in primo piano è una responsabilità all’interno del comparto.

Secondo lei, sarebbe possibile o opportuno pensare ad iniziative transnazionali? Quello che vediamo dal nostro studio è che in effetti le tendenze e le sfide sono abbastanza uguali in tutti i paesi, sebbene alcune criticità siano più evidenti in alcuni paesi che in altri come, ad esempio, l’invecchiamento della forza lavoro. Si conferma qui l’importanza del Dialogo Sociale di settore che il nostro sindacato UNI Europa a livello di UE, dove non ci fermiamo all’identificazione del problema, ma condividiamo le migliori pratiche su come trovare soluzioni sostenibili. Con questo scambio, possiamo fornire un contributo eccellente ai membri nazionali che possono trarre ispirazione da ciò che viene fatto negli altri paesi. Crediamo ancora, tuttavia, che le soluzioni concrete alla carenza di manodopera possano essere solo nazionali, perché questo problema è soggetto ad aspetti individuali fortemente legati alle condizioni di ogni singolo paese. Per cominciare, la regolamentazione differisce enormemente tra i paesi, a causa della diversità degli schemi legislativi e della cultura della sicurezza pubblica negli Stati membri dell’UE. Sono molto diversi anche i requisiti di formazione, le competenze delle aziende e dei lavoratori, il diritto degli appalti pubblici. Anche le relazioni industriali sono molto diverse tra i paesi. La contrattazione collettiva gioca un ruolo importante nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale in particolare in Scandinavia ma, allo stesso tempo, le relazioni industriali
nell’Europa orientale sono tradizionalmente deboli. Ciò si riflette anche nel diritto costituzionale dell’UE, che per lo stesso motivo lascia la sicurezza e le politiche sociali tra le competenze degli Stati membri dell’UE e, cosa molto importante, esclude i servizi di sicurezza dal mercato unico europeo. Quindi possiamo certo imparare molto gli uni dagli altri a livello transnazionale e trarre ispirazione, ma le soluzioni alla fine devono essere nazionali. Ciò che funziona in un paese non funziona necessariamente in un altro.

Ritiene possibile il confronto con altri settori economici, come il commercio al dettaglio e la logistica, per trovare soluzioni condivise? La collaborazione e lo scambio sono sempre molto preziosi e credo che tutti possiamo imparare molto dalle tendenze e dalle soluzioni in altri settori. Quindi avere questo dialogo è fondamentale, poiché tutti dobbiamo affrontare carenze di manodopera e competenze. A livello dell’UE, ad esempio, abbiamo uno scambio molto intenso e regolare con altri settori su competenze e carenza di manodopera, sostenuto
anche dalla Commissione europea. Ma poi le caratteristiche di queste carenze spesso differiscono enormemente, e con esse le soluzioni. I servizi di sicurezza privata non sono servizi assimilabili ad altri. I nostri lavoratori e le nostre aziende sono responsabili della salute, della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini. Siamo soggetti a normative e condizioni molto specifiche che, tra l’altro, rendono ancora più difficile per il nostro settore competere con altri per assumere nuovi lavoratori. Quindi sì, la comunicazione e la collaborazione sono fondamentali per garantire la crescita economica e anticipare i futuri cambiamenti occupazionali ma, trattandosi di un servizio alle imprese, la sicurezza si basa sulla forza economica e sulla crescita dei settori. Sarei però scettico sulla possibilità di sviluppare soluzioni condivise in una prospettiva europea.

logo_securindex